La storia dell’aeroclub

Gli albori

L’aeroporto di Ferrara esiste da oltre 100 anni, ha una storia molto interessante che parte dall’epoca dei dirigibili militari nei primi anni del ‘900, nel corso del tempo ha perso di importanza nel contesto militare ma ha visto un certo sviluppo della cosiddetta aviazione turistica e sportiva.

La storia dell’Aeroclub è fortemente legata a quella dell’aviazione civile italiana.

L’Aeroclub d’Italia

La data ufficiale della nascita dell’Aero Club d’Italia, venne decisa per il 22 novembre 1911 con un Consiglio costituito da delegati dei Ministeri della Guerra e della Marina. L’Aero Club d’Italia unificò l’esercizio del potere sportivo aeronautico nazionale divenendo il rappresentante ufficiale dell’Italia in ambito F.A.I. Si fece promotore di diverse iniziative per la propaganda del volo e contribuì alla costituzione del Corpo di Volontari Aerostieri ed Aviatori di supporto alla difesa del paese. L’AeCI, senza alcun fine di lucro, ha il compito di promuovere e divulgare il volo in tutte le sue forme, quali volo a motore, volo a vela, volo da diporto o sportivo a motore e libero, paracadutismo, aeromodellismo e pallone aerostatico.

L’Aeroclub di Ferrara

Fondato nei primi anni 20, inizialmente era sede provinciale per Ferrara della Reale Unione Nazionale Aeronautica (RUNA). Successivamente alla fondazione dell’Aeroclub d’Italia, divenne ufficialmente l’Aeroclub di Ferrara. E’ intitolato a Roberto Fabbri, pioniere dell’aviazione di Ferrara.

Roberto Fabbri

Roberto Fabbri, nato a Ferrara nel 1896, fu uno dei primi ad ottenere il brevetto di pilota in Italia. Morì nel luglio del 1913 all’età di 17 anni, durante un volo sulle brughiere attorno Malpensa.

Dopo il suo incidente Italo Balbo pubblicò un breve pamphlet dal titolo: “Roberto Fabbri, il più giovane aviatore del mondo: memorie e note compilato dal suo amico Italo Balbo”.

In questo breve testo Balbo rende omaggio poetico a Fabbri, “che aveva visto la morte in faccia sprezzante e aveva saputo morire come un eroe in una lotta titanica contro gli elementi.”

“Lui era morto” per l’ideale splendente delle più grandi conquiste umane. Come figlio fedele di Ferrara, il più grande sogno di Fabbri, secondo Balbo, era “di salutare dall’ alto la sua bella città addormentata e risvegliarla con il tuono del suo potente motore, facendo volteggiare il suo aereo bianco intorno alle torri virili del Castello Estense.”

Balbo indagò anche le circostanze dell’incidente. Fabbri aveva appena ottenuto il brevetto di pilota e stava effettuando un volo solista su un aereo con motore da ottanta cavalli, dopo i voli di addestramento con un aereo con motore da trentacinque cavalli. Furono ripresi titoli ed articoli di giornali in cui veniva indicato il costruttore Caproni come responsabile dell’incidente. Caproni rispose alle accuse asserendo che Fabbri stava effettuando voli acrobatici con l’aeroplano.

Balbo ritenne improbabile la ricostruzione di Caproni, in Fabbri egli ammirava “audacia e non temerarietà” tanto da non credere in un incidente causato da “irresponsabilità”.

Nella Certosa di Ferrara si può ammirare la bella tomba celebrativa, opera dell’artista Giovanni Pietro Ferrari. Il mausoleo si compone di una figura femminile “ghermita” da un’aquila con il ritratto dello sfortunato giovane e il motore del suo aereo.

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